Un vero e proprio ponte musicale fra oriente e occidente all’insegna di una varietà sonora capace di soddisfare ogni esigenza espressiva, di far viaggiare l’ascoltatore dentro mondi inesplorati. India e Norvegia hanno parlato la stessa lingua ieri, alla Cava del Sole, davanti a quasi 3 mila spettatori arrivati da tutta Italia per ascoltare il quartetto di Jan Garbarek e il suo speciale ospite, il percussionista indiano Trilok Gurtu.
Un concerto organizzato dalla Fondazione Matera Basilicata 2019 e da Rai Radio3, in collaborazione con L’Onyx Jazz Club, nell’ambito di Materadio – La Festa di Rai Radio3 giunta alla nona edizione.
Jan Garbarek può probabilmente essere considerato uno dei musicisti che detta lo stile nel jazz europeo. E quindi non poteva mancare nel programma culturale di una capitale europea della cultura. Innumerevoli musicisti sono stati influenzati dal suono di questo sassofonista norvegese, spesso descritto come innodico, lirico, vocale, etereo, meditativo e sicuramente scandinavo. Invece che adagiarsi su questo, e al contrario della sua auto-dichiarata pigrizia, Jan Garbarek all’età di 71 anni si batte ancora per avere esperienze musicali nuove e sempre migliori, preferibilmente live in concerto: ”Cerco solo di suonare ciò che io stesso vorrei ascoltare”, ha spiegato al termine della serata con grande modestia. Ed ha aggiunto: “Se qualcuno riesce ad immedesimarsi, allora ottimo. Ogni reazione è buona. E anche nessuna reazione va bene. Ad essere onesto, non fa una gran differenza. Mettiamola così: io non sono Elvis Presley. Non posso prevedere o anticipare ciò che prova l’ascoltatore. Ma quando i musicisti sentono che sono dentro al ritmo, è un incantevole momento di pura felicità. Quella sensazione è assoluta euforia.”
Alla Cava del Sole, “Un luogo splendido” – ha aggiunto – ha mostrato di essere pienamente in forma insieme a una band che ama esibirsi attraverso un costante, profondo, ampio interplay: il pianista e tastierista tedesco Rainer Brüninghaus, che è parte del gruppo da trent’anni, il bassista brasiliano Yuri Daniel e il percussionista indiano Trilok Gurtu. Anche in questa geografia del gruppo c’è un eclettico mondo espressivo.
Da più punti di vista Garbarek vede sè stesso e i musicisti della sua band come degli artigiani. “Un calzolaio sa anche come si fa una buona forma. Ma questo non interessa a nessuno. Quando le persone vedono la scarpa nella vetrina del negozio, l’unica cosa che importa è che gli piaccia o no.” Dopo tutto, anche lui lo sa: “Insieme possiamo puntare al cielo!”.
Il concerto è stato caratterizzato da brani di musica totale, attraversando la world music, passando per il free jazz, la musica con sonorità indiane e i suoni “ancestrali” provenienti dalla Madre Africa. “Non posso comprendere davvero la complessità, ma posso sicuramente godere degli elementi da cui mi sento particolarmente attratto e che girano intorno alla mia orbita,” ha detto. “Durante gli anni sono diventato una specie di spugna. Si può dire che la musica che facciamo sia un vero ibrido imbastardito. È un mix. Non si tratta di raggiungere un qualsiasi tipo di perfezione o rimanere fedele a una certa tradizione. In effetti, è proprio l’opposto. Può essere di gran lunga più interessante lasciare alcune cose nell’area dell’ignoto. Dobbiamo piuttosto curare e andare avanti con le nostre imperfezioni, che fuggire da esse.”
Nel concerto si è sentita la voce dei suoi sassofoni e quella dei suoi compagni di viaggio perfettamente integrati. Carattere schivo, ha preferito non presentare i brani. Ma la sua musica è stata più che sufficiente a esaltare il numeroso pubblico che sul bis ha lasciato le sedie per avvicinarsi al palco facendosi immergere in questa musica e facendo sentire più da vicino il proprio calore.